Ecco un artista il cui nome ci suona quasi sconosciuto ma le cui opere sono davvero molto note...
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I lavori di Reutersvärd sono basati su un trucco prospettico che si usa chiamare “prospettiva giapponese”: un oggetto, o una serie di oggetti, vengono visti contemporaneamente in più prospettive (almeno 2, a volte 3) sotto direzioni (punti di vista) diverse, ma in modo tale che vi sia una ‘saldatura’ tra le figure risultanti, in una soluzione generale che non può però esistere - è realisticamente assurda.
Se prendiamo la prima opera di Reutersvärd (Opus 1, 1934):
e numeriamo i ‘cubi’ che la costituiscono:
il processo è chiaro: se si osservano i soli ‘cubi’ da 1 a 7 (escludendo dunque 8 e 9), la prospettiva è corretta, e ha come direzione quella da sinistra a destra di chi guarda. Se invece si osservano i ‘cubi’ da 4 a 1 (escludendo dunque solo 2 e 3), la prospettiva è ancora corretta, ma ha come direzione quella da destra a sinistra di chi guarda. Si può procedere anche eliminando 5 e 6, ottenendo ancora una prospettiva corretta.
Quel che cambia completamente la questione, dunque, è il tentativo di ricomporre tutte queste versioni parziali in un blocco unico, in un disegno unico: si hanno più punti di collasso, di incoerenza, che trasformano la figura localmente corretta in una globalmente impossibile.
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